Le elevate temperature, insolite anche per la stagione estiva, fanno cronaca solo in parte, ben poco si parla delle difficoltà causate alla forza lavoro.
Se nei campi si muore per infortuni e anche per il lavoro a 40 gradi nelle ore più calde, la situazione è drammatica nelle fabbriche e nelle aziende. Anche chi lavora in ufficio deve fare i conti con la carenza di climatizzatori, o il loro mal funzionamento, ci sono casi nei quali i datori hanno fatto ricorso a ferie e permessi onde evitare di spendere soldi per gli impianti di aria condizionata e di ventilazione o per allentare la produzione escludendo le ore più calde.
Eppure esisterebbero alcune soluzioni come lo stop all’attività lavorativa nelle ore più calde, maggiori pause prolungate e la distribuzione gratuita ai lavoratori di acqua e sali minerali.
Quante sono le aziende che lo fanno? Si contano forse sulle dita di due mani, si corre al riparo scaricando l'onere o sui lavoratori (attraverso ferie e permessi imposti) oppure si fa finta di nulla quando, vedi circolare Inps e Inail del 26 luglio scorso, invece non si scarica sulla fiscalità generale i costi che dovrebbero essere a carico delle imprese (da qui la cassa integrazione ordinaria da accordare quando le temperature superino i 35 gradi centigradi).
I 35 gradi sono per altro un limite troppo alto perché già con qualche grado in meno si corrono rischi per la nostra salute e sicurezza se pensiamo che numerose nazioni Ue prevedono il limite dei 30 gradi.
Ancora una volta la salute e la sicurezza per lavoratori\trici sono un optional, poi in caso di gravi infortuni e di morti assistiamo alla solita, intollerabile, retorica.
Sportello salute e sicurezza CUB PISA