Mercoledì 13
luglio, durante la trattativa sindacale tra l’Università di Torino e la
rappresentanza sindacale interna, si è svolta un’assemblea presidio delle lavoratrici
e dei lavoratori esternalizzati dell’Ateneo.
Una delegazione
delle e dei presidianti è intervenuta nel corso della riunione per sottolineare
le proprie richieste: fine della stagione degli appalti e assunzione di tutte e
tutti nell’azienda di gestione dell’Ateneo con l’obiettivo della
stabilizzazione; cancellazione dei contratti pirata con i quali grandi aziende
torinesi vincitrici degli appalti di UniTO, come REAR, pagano i e le proprie
dipendenti pochi euro per ora; riconoscimento in sede di Statuto dell’Università
dei diritti vantati dalle e dagli esternalizzati, in primo luogo rendendo
irricevibili i contratti che non
prevedano una retribuzione minima almeno pari al salario mediano del Paese.
La lotta è
appena iniziata
Il presidio del 13 luglio è solo un ulteriore passo compiuto dai lavoratori, che non ci stanno vedersi negati i più elementari diritti, tra cui quello a uno stipendio equo, e che non intendono avallare il proliferare di subappalti per la gestione degli spazi e dei servizi in UniTO. La Cub da diverso tempo sta seguendo in particolare i circa cento lavoratori delle biblioteche universitarie, che dipendono da una cooperativa diversa da Rear, quella a cui invece fanno capo altri circa 250 lavoratori interinali.
Dopo aver denunciato lo scandalo dei lavoratori esterni assunti da Rear e
inquadrati con il contratto dei servizi fiduciari, un precedente presidio aveva
portato anche all’attenzione anche delle cronache locali la situazione in cui
si trovavano uscieri, tecnici informatici e altri dipendenti della cooperativa.
Ne era seguita un’assemblea incentrata sul ‘lavoro povero’ in Università, per
definire i successivi passi da intraprendere. Una delle proposte scaturite in
assemblea è stata la proposta di riscrizione dello Statuto universitario,
rimarcando un punto in particolare ossia che i lavoratori esternalizzati in
carico alle cooperative appaltatrici non possano ricevere uno stipendio
inferiore a quello minimo stabilito per legge.
“La maggior parte dei contratti interinali tra l’altro – specifica
Stefano Capello, delegato della Cub torinese – riguardano lavoratori della
Scuola di amministrazione aziendale, che fa capo all’azienda partecipata
universitaria. Si potrebbe importare un modello di gestione che ha già
funzionato altrove, sulla scorta del modello De Magistris a Napoli, dove a
guidare le scelte dovrebbe essere il progressivo smantellamento degli appalti a
favore dell’assunzione stabile dei dipendenti, che sarebbero così sottratti all’eterno
‘ricatto’ insito nel sistema di appalti e subappalti”.